lunedì 22 febbraio 2016

Il ritorno e i motivi della scomparsa

Due post nel giro di una settimana e poi il silenzio per i tre mesi successivi: un ritratto perfetto dell’incostanza se non fosse che le motivazioni sono ben altre (il benaltrismo applicato alla rete, sai che novità).

I motivi dietro alla mia assenza negli ultimi tre mesi – che in tempo di internet significano essere morti – sono gli stessi che mi riportano a scrivere sul blog: Fallout 4 e The Witcher 3.

Se non sai cosa vogliono dire questi due titoli, se non hai nemmeno idea di cosa siano, chiudi pure la pagina e torna a fare quello che stavi facendo. Se invece hai un’insana passione per i videogiochi fin da quando hai avuto il tuo primo pc (o la prima console), mettiti comodo e leggiti le due recensioni (brevi e senza spoiler, come da tradizione).

Recensione 1: Fallout 4

L’ultimo prodotto della Bethesda Softworks prosegue nel solco della tradizione creata dai predecessori… il che è un bene e un male, come potete facilmente immaginare.

L’ambientazione è quella che ha fatto la fortuna della serie: un futuro post apocalittico in cui il mondo è stato distrutto da una catastrofe nucleare. Radiazioni come se piovesse (letteralmente , in alcuni momenti del gioco), insetti grossi come alianti, mutanti cattivi, mutanti buoni, desolazione, bande di predoni folli e tutto il cucuzzaro. Volevate un mondo sporco e cattivo, con pericoli dietro ogni angolo? Eccovelo servito nella stessa salsa di 7 anni fa. La mancanza di innovazione non è un male, in questo caso. È rassicurante sapere che, anche in Fallout 4, ogni volta che incontrerai un behemoth dovrai scappare. 

Una personcina a modo
La complessità della trama fornisce un’esperienza di gioco duratura e varia: il nostro compito sarà andare alla ricerca del figlio scomparso del protagonista e, nel frattempo, fare altre millemila missioni secondarie. 

I dialoghi sono stati interamente doppiati in italiano. Doppiati bene, che in un’epoca in cui il doppiaggio italiano non sempre è all’altezza dei fasti del passato non è un aspetto secondario.

Il punto dolente – e il motivo per cui ci sono volte in cui rimanere nel solco della tradizione non è propriamente un bene – è la grafica. Dal 2008, anno di uscita di Fallout 3, fino a oggi, siamo passati dalle console di prima a quelle di seconda generazione e sono stati introdotti innumerevoli accorgimenti visivi che avvicinano sempre di più le esperienze di gioco alla realtà (complici i motori grafici sempre più potenti)… e invece giocare a Fallout 4 è come fare un’immersione nel 2008. Certo, ai tempi siamo rimasti a bocca aperta davanti alle meraviglie offerte dalla zona contaminata; oggi, invece, pare quasi di vedere un retrogame.

Il gioco vale comunque la candela (in questo caso, i 60 eurI che costa), quindi se la saga e l’ambientazione vi piace e vi è piaciuta, buona giocata.

Recensione 2: The witcher 3

Questa seconda recensione non potrà mai essere obiettiva e fredda, lo ammetto da subito. Se oggi qualcuno mi chiedesse quale gioco porterei su un’isola deserta (che poi che minchia me ne faccio di un gioco su un’isola deserta?) la mia risposta non solo sarebbe The witcher 3! senza battere ciglio ma correrei a comprare i biglietti della Oceanic Airlines.

Avevo giocato il secondo capitolo di questa saga senza troppi entusiasmi, perché ero un fan snob di Skyrim (avevo provato un’incursione nel fantasy di Dark Soul con pessimi risultati, come vi ho raccontato qui) e quindi avevo la convinzione che tutto quello che non era targato Bethesda non sarebbe mai stato all'altezza delle mie aspettative.

E per l’ennesima volta la vocina che ridacchia alle mie cazzate ha avuto ragione quando mi diceva che le aspettative, verso l’alto o verso il basso che siano, servono solo a fornire delusioni a nastro.

Sono due mesi che accendo la console solo per impersonare Geralt di Rivia, il witcher protagonista dell’omonimo terzo capitolo della saga. Due mesi di giocate intense e ancora né mi sono stancato né ho trovato missioni ripetitive. E non sono arrivato nemmeno a metà dell’esperienza di gioco.

Provo a mettere in fila le mie impressioni.

Le missioni sono divise per categoria: principali, secondarie, contratti da witcher e cacce al tesoro. Ogni missione è potenzialmente foriera di altre attività, da luoghi di potere da scoprire e utilizzare fino a villaggi infestati da liberare. La missione principale va ben al di là del semplice (e ormai classico) “vai in quel tal posto, trova quella tal cosa e riportamela”, condendo l’esperienza di gioco di intrighi, spionaggi, favori incrociati, amori passati e sane mazzate.

La trama è complessa e ramificata: di base bisogna cercare Ciri, la figliastra di Geralt (vi dice qualcosa l’argomento?), però da questo presupposto partono la scoperta della vera natura della ragazza, una serie di incontri con personaggi provenienti dal passato di Geralt (ognuno con la sua storia e le sue missioni da proporre) e una corsa contro la “Wild Hunt” del titolo per chi arriva prima a mettere le mani sui poteri di Ciri.

Se tutto questo non fosse già abbastanza, quei geniacci della CD Project Red hanno ideato anche un gioco nel gioco: in giro per il mondo, infatti, sarà possibile sfidare diversi personaggi a Gwent, una versione cartacea di una guerra. Mi spiego: ogni giocatore ha a disposizione un mazzo composto da più o meno una trentina di carte, divise tra fanti, arcieri e macchine d’assedio (più alcune carte speciali). Ogni carta ha un valore: la somma di questi valori, alla fine del turno di gioco, se più alta di quella dell’avversario, ti consegna la vittoria. Sennò rosichi, carichi di nuovo e via così finché non batti quel mercante di merda che ha messo in palio proprio la carta che serve per il mazzo perfetto.

Greetings!
The Witcher 3, e qui mi avvio alla conclusione perché sono stato stranamente prolisso, ha anche una grafica eccezionale: i paesaggi che si incontrano sfondando di mazzate mostri e briganti sono variegati e disegnati magnificamente. Le lande desolate sulle quali si sono sfidati gli eserciti lasciandosi alle spalle solo macerie e morte trasmettono un senso di avvilimento quasi fisico. I tramonti e le albe sono poetiche al punto che ho voluto condividerne più volte la visione con la mia metà. Che ha risposto così:
Potrei parlarvi ancora delle innumerevoli bestie che popolano il mondo, delle pozioni che si possono creare, delle armi uniche da forgiare, della recitazione credibile e di quanto sia meritato il premio gioco dell’anno, però sono tutte informazioni che potete facilmente reperire in giro, quindi torno a giocare, che ho un mercante da battere a carte.

Nessun commento:

Posta un commento